Testi
un’arte che si dedica a dare forma direttamente alla realtà (in presenza di ambiti di realtà per lo più già formati), partendo ancora dalla pittura doveva concepire il colore già come sostanza, come pasta spalmabile, come liquido da schizzare e versare. la tonalità cromatica era inessenziale. ho rinunciato alla molteplicità dei colori in favore del rosso che segnala la carne e il sangue. sulle mie superfici è stato scaraventato il colore della carne, della passione, dell’eccesso dionisiaco e della croce. il processo pittorico estatico introduceva una orgiastica analiticamente coltivata, che si accresceva fino all’eccesso di fondo sadomasochista. veniva voltato verso l’esterno quanto vi è di interiore, sia della psiche che del corpo. carne e sangue e l’umidità di mesentere e interiora diventavano visibili, un mezzo per dare forma, che superava il colore e usciva dalla tavola. la mia pittura più recente non scandaglia esclusivamente la tragicità dell’eccesso. è stato abbandonato l’uso esclusivo della tonalità rosso (sangue) e sublimato all’utilizzo di tutti i colori dello spettro. i colori della gioia, del giubilo, della festa, dell’estasi, dell’esuberanza, del germogliare della resurrezione, i colori di visioni cosmiche di soli sconosciuti, la luce bianco-violetta di fiamme e fulmini di una galassia che brucia e si fonde, devono determinare la pittura. le aureole di luce del risorto ridente dinanzi alla notte cosmica. i colori della maturità, dell’autunno, della sovrabbondanza devono essere versati. è nel colore che gli occhi devono sentire il sapore del vino fermentato. ho sempre sentito il mio teatro come rituale e culto rispetto alla vita, alla stregua della pittura inserita nel mio teatro. il pittore (celebrante) porta delle vesti rituali. sul camice del pittore macchiato e insudiciato c’è la sismografia della passione e della rinascita di tutto il creaturale. sul camice si delinea spontaneamente, senza che il pittore vi metta mano in modo consapevole, il geroglifico del caso, al fine della purificazione colore e camice vengono impastati. con l’umido del sangue vi si imprime la discesa nell’eccesso del sacrificio, nella fossa, nella notte della morte, dell’universo, del nulla. la passione, l’estraniazione, il «sudare sangue» da parte del pittore si iscrivono sul camice. allo stesso modo i colori chiari e chiaro-arcobaleno della resurrezione e dell’eterna rinascita di tutte le estensioni e vastità si applicano sul lino bianco. sistemare e mettere reciprocamente in relazione i colori nel senso della forma ha molto a che fare con la preparazione di una pietanza pura e concentrata (liturgica), è qualcosa di uguale al sacramento. nasce una condensazione e trasformazione della realtà, paragonabile alla transustanziazione. nascono nuovi contesti complessivi, una nuova, prioritaria sostanza del reale. gli alimenti di base pane e vino diventano per il (cristiano credente), attraverso la transustanziazione, carne e sangue del dio, costituiscono un cibo che incorpora, che dà partecipazione perdurante e creativa all’intero, nonché ritorno nell’eterna vitalità dell’essere. allo stesso modo la condensazione, la trasformazione del mondo della forma ci attira nell’essere e nel comprendere l’intero. tutti i cinque sensi, educati dall’opera d’arte totale, vanno attivati sinesteticamente attraverso la pittura e devono metterci in uno stato di vita intensa. nell’om theater vengono posti di fronte al partecipante alla rappresentazione valori del gusto e dell’odore, tonalità sonore, colori visivamente percepibili e cose tastabili. i colori, le temperature dei colori propri delle pitture portano dentro di sé i loro collegamenti sinestetici. si deve poter sentire il colore come sapore e come odore, deve essere possibile trasmetterlo come tono che risuona e tastarlo. l’elemento aptico continua a rimanere essenziale. la pasta di colore viene stesa sulla tela come grasso sul pane. il muco di colore viene spalmato sul dipinto, vi scorre e schizza una zuppa di colore liquido. una gamma di consistenze diverse viene rilevata dal tatto utilizzando occhio e mano. l’incorporamento di ciò che è essenziale richiede tutti e cinque i sensi, che culminano, sfociano infine nel sentire il sapore. dall’esperienza del sapore, del sentire il sapore, vengono derivati l’odore, l’esperienza del tatto, il colore e il suono. nel cogliere un dipinto ci si deve perciò addentrare nella profondità del sentire il sapore. il sapore del colore condensato attraverso la forma viene sentito con il palato dell’occhio, come il pane azzimo e il vino consacrati, come la carne e il sangue del dio, che operano in noi come sostanza essenziale che conserva l’essere. l’incorporamento, mangiare e bere, mettere in moto il metabolismo (registrare valori del sapore) sono parte essenziale dell’om theater.